Dall’agosto caldo tarantino ben
sei provvedimenti sono stati approvati dal governo italiano per garantire la
continuità dell’attività produttiva dell’acciaieria più importante d’Europa, a danno
dell’ambiente e della salute di Taranto e della sua popolazione. Si
affaccendano ancora i nostri governanti nel far credere agli elettori che
stanno provvedendo, ma l’unica cosa che si muove è l’aria attorno a loro quando
pronunciano, compiaciuti pure, quei discorsi importanti di tutela del
territorio, della salute che rimangono tuttavia lettera morta.
E qui s’incardina l’iniziativa
dello “straniero”, di una connotazione altamente provocatoria, concreta e
fattibile, che fa comprendere come, solo a volerlo, già da tempo ci si sarebbe
potuti attivare, senza che i pensatori delle alte sfere,si rigirassero ulteriormente i pollici impegnati
a “cogitare”.
Ed ecco l’alter ego dei decreti salva ilva, il
DECRETO “SALVA TARANTO”, che contiene le disposizioni urgenti per la
determinazione del danno ambientale, l’avvio delle bonifiche e il rilancio
economico e occupazionale del territorio.
La procedura, dettata in ragione
della grave situazione ambientale, sanitaria e sociale, cari pensatori, invero
è di una semplicità, logicità e tempestività estrema! Il Ministro
dell’Ambiente, nel termine perentorio di 45 giorni dall’approvazione del
decreto, “dovrebbe” procedere alla determinazione del danno ambientale e
sanitario a Taranto così come previsto dalla direttiva comunitaria sulla
responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno
ambientale nonché dall’art. 18 L. 349/86 così come modificato dal D.lgs.
152/2006 parte VI che ha previsto la responsabilità extracontrattuale per danno
ingiusto all’ambiente (ovvero verificatosi a causa di violazioni di legge),
affidando la competenza al giudice ordinario.
Eh già, cari pensatori, esistono
le norme che consentono di accertare il danno, basta applicarle.
In tal modo si “reperirebbero” in
parte le risorse necessarie per la realizzazione della messa in sicurezza e
delle bonifiche e il relativo risarcimento dei danni da illecito.
Cosa si potrebbe fare nel caso in
cui il Ministero non rispettasse i termini? Incaricare un collegio di periti
che sostituirebbe il Ministero nell’espletamento degli “incombenti”.
Attraverso l’istituzione di una
struttura “TARANTO LIBERA”(composta da 15 membri di comprovata esperienza,
autorevolezza e professionalità a livello internazionale) poi si “potrebbe”
puntare alla conversione economica industriale per realizzare un sano rilancio
dell’economia.
Come? Attribuendole poteri di
pianificazione urbanistica, di attivazione di procedure per il rilascio di
autorizzazioni all’esercizio di attività commerciali e imprenditoriali, di
utilizzazione e gestione dei fondi europei, statali e regionali per procedere
alle bonifiche e al rilancio economico dell’area industriale. Come procedere
ancora? il governo “dovrebbe” dichiarare Taranto e Statte AREA NO TAX con la
conseguente defiscalizzazione di tutte quelle imprese che investano in settori
non a carattere insalubre (biomedica, nanotecnologie, turismo, etc..). “TARANTO
LIBERA” entro 8 mesi “dovrebbe” quindi approvare un piano per la conversione
industriale dell’area, indicando con bando pubblico internazionale criteri e
termini per la presentazione dei progetti d’impresa , con conseguente accesso a
determinati benefici (ad es. eliminazione accise, riduzione bolletta elettrica
, riduzione Irap e Ires, partite Iva agevolate etc..)
Tutto qui cari pensatori. E per
chi non concordasse si può solo rispondere che, nell’ambito di un sano
confronto, è lecito non essere d’accordo. Tuttavia, questo, allo stato, è
l’unico progetto realizzato per salvare la nostra Terra. Un progetto della cui
validità non si può dubitare, visto che ha previsto, nel dettaglio, ogni
aspetto che “potrebbe”rilevarsi determinante alla salvezza: il fondo temporaneo
di sostegno per l’agricoltura e la mitilicoltura, la riqualificazione,
trasformazione e rigenerazione urbana e ambientale a partire dai suoli contaminati.
Ha previsto finanche le infrastrutture da realizzare per potenziare, ad
esempio, il porto commerciale e le ferrovie, gli interventi di bonifica e di
rigenerazione urbana e ambientale, il recupero della splendida Città vecchia,
ingegnandosi altresì sul modo di reperire strumenti e risorse a livello non
solo europeo e statale ma anche in virtù
del principio tutto tarantino “chi inquina paga”, ormai cavallo di battaglia
della nostra Taranto, bella, splendida, meravigliosa… nonostante tutto.
DI ALESSIA SIMEONE