lunedì 3 novembre 2014

VIVO, MORTO O...TARANTO...

Taranto, ricca di risorse mai sfruttate a dovere a scapito del giusto rilancio, cui dovrebbe tendere a occhi chiusi per tutto il “buono” che il territorio offre.
Una immeritata penalizzazione che relega la realtà jonica in un angolo angusto da cui, nonostante tutti gli sforzi, non riesce ad uscire.

Ritenuta per un verso strategica per la siderurgia, un’eccellenza che non può certo subire scardinamenti a causa del dramma ambientale in atto, negato, sottaciuto, sottovalutato, consapevolmente o meno, defraudata per altro verso di altrettante realtà che costituirebbero la giusta alternativa, se adeguatamente valorizzate, ad una seria rifioritura del territorio.

Ma invece di scegliere di piantare il seme della rinascita si continua a scegliere il seme dell’inerzia e della distruzione: accettare il ricatto occupazionale dell’Ilva, credendo in una impossibile, allo stato, riconversione dell’industria, acconsentire al progetto TEMPAROSSA contribuirebbe solo all’ulteriore distruzione di un territorio e dei suoi cittadini, che hanno bisogno di tirare il fiato un attimo e dedicarsi ad una ricostruzione solida e semplice al tempo stesso, che parta dal recupero dei frutti che offre la propria Terra.

Se negli ultimi anni, i beni archeologici e la rinnovata veste del Museo tarantino sta rilanciando la storia e la cultura tarantina, sembra invece che, in altri ambiti, si susseguano una serie di opportunità mancate, perché non si è saputo coglierle o perché non si è saputo lottare.

Si assiste così ad una lenta ma inesorabile perdita di realtà industriali significative per una sana crescita socio-economica del paese in linea con la naturale vocazione territoriale; un esempio fra tutte di realtà perdute sono i Cantieri Tosi.

Manca quel “quid pluris” che consenta alla città di stare al passo delle altre pugliesi che continuano a farla da padrona. Manca una classe politica compatta, che smetta i panni della litigiosità e cominci ad individuare comuni strategie vincenti al fine di valorizzare e rilanciare il territorio, facendosi sentire a livello locale e nazionale.

 “Mancanze” , troppe e talmente gravi, che  hanno finito col penalizzare irrimediabilmente la nostra bella Taranto che assiste, giorno dopo giorno, alla perdita di qualche pezzo, importante o meno, di un puzzle, che non sarà mai terminato, a scapito della migliore possibile qualità della vita che si possa realizzare in ogni città che si definisca davvero moderna.

Il sistema ferroviario è ormai inesistente, viste le innumerevoli soppressioni dei treni, che costringono il viaggiatore tarantino ad arrivare a Bari per poter partire; il sistema aereoportuale paradossalmente non decolla: Grottaglie spera in un “ripescaggio” a seguito della nomina della città di Matera a capitale europea della cultura.

Ancora alto è il rischio di vedere l’Autorità Portuale assoggettata e forgiata alle esigenze dell’Autorità Portuale barese, che la spoglierebbe di fatto di ogni significativa e reale occasione di apportare miglioramenti alla città.

Che dire poi dell’università ionica, autonoma solo sulla carta, ma che di fatto perde corsi di laurea (Scienze e tecnologia della moda; scienza della maricoltura, Professioni sanitarie), tutti trasferiti a Bari con tanto di risorse e progetti? 

Al bando dunque i contentini; incamminiamoci verso un’affermazione totale della nostra tarentinità.

Di ALESSIA SIMEONE