martedì 8 luglio 2014

FACEBOOK E LA GRANDE TRISTEZZA DELLA NON LIBERTA' DI OPINIONE SUI "GRUPPI"

Da tempo  impazza su facebook la moda di costituire gruppi, aperti o chiusi, dal contenuto più o meno impegnato, goliardico o originale. Se basta un click per veder nascere il gruppo non è altrettanto semplice gestirlo, dal momento che ci si inventa amministratori dalla sera alla mattina e, magari, non sapendo sempre  discernere col “buon senso”, prima, e forse unica, regola del saper vivere. Col buon senso infatti si è capaci di aprire il dibattito su ogni argomento, anche il più delicato, confrontandosi serenamente nel pieno rispetto di tutte le parti e degli interessi in gioco.

Certo non risolve il problema all’amministratore di turno evidenziare che pubblicazioni e commenti offensivi, volgari e provocatori verranno eliminati e, in caso di reiterazione, gli stessi “autori colpevoli” rimossi dal gruppo. Perché? Perché alla prima eliminazione e rimozione scoppierà la polemica, come è puntualmente avvenuto in ogni gruppo. Ci sarà chi prende le parti dell’uno e chi le parti dell’altro, scadendo a volte (non sempre per fortuna)nell’orripilante. Il più intelligente si stopperà e si sottrarrà al macello, anche perché il più delle volte in uno scritto si perde di vista quello che realmente chi ha scritto voleva intendere e chi ha letto può aver percepito, in buona o malafede, di tutto di più. Poi arriva il “deus ex machina” (l’amministratore) che interviene schiacciando il “delete”, nell’esercizio di quel potere del tiranno o del re buono, che si nasconde dietro quella parolona magica “responsabilità morale”, che riempe si la bocca ma si svuota di ogni contenuto se non accompagnata dal buon senso. 

Ma poi, quando effettivamente si può parlare di commenti davvero offensivi? E soprattutto offensivi verso chi?
Credo che l’offesa possa sicuramente rinvenirsi nel diretto “sei un gran coglione!”… eppure talvolta è un’amara verità! Ma nel momento in cui si esercita un “diritto di critica”, si esprime un’opinione, condivisibile o meno, vedere l’eliminazione del post e addirittura la rimozione del colpevole (di che poi?) desta perplessità. Ancor di più quando ci si rende conto che passano, nell’indifferenza dei più, commenti e pubblicazioni che meriterebbero il tapiro d’oro.  

Alla base del progresso di una società democratica e per lo sviluppo di ciascun individuo c’è la libertà di manifestare il proprio pensiero e di non essere molestato per aver espresso la propria opinione. Ma si sa le idee possono urtare, scioccare, inquietare o offendere alla faccia del pluralismo, ormai regredito sulla carta (dopo anni di lotte e conquiste!!), e in barba alla tolleranza e allo spirito di apertura senza i quali non esisterebbe alcuna società democratica. 
Alla luce del principio della libertà di parola, il “delete” non andrebbe schiacciato per quelle opinioni relative ad avvenimenti verso i quali la comunità può sentirsi partecipe, incuriosita, stimolata a dover dire la sua con una forma espositiva che può rasentare anche la provocazione (perché no!). In definitiva, per fare degli esempi, se il sindaco di Taranto si sveglia improvvisamente e scrive la letterina a Babbo Natale per la chiusura dell’Ilva, si esercita il diritto di critica se si commenta: “red bull gli ha messo le ali!” e non si dovrà schiacciare il “delete”; al pari, se muore un giovane ragazzo e a pochi passi si sparano fuochi mistici d’artificio, il mio dissenso non ha sicuramente carattere offensivo nei confronti di nessuno, meno che meno si sentirà offeso DIO. Anche in questo caso non andrà schiacciato il “delete”. 
Se si offende la reputazione, rendendo pubblica una notizia che riguarda fatti privati di perfetti sconosciuti ai più, allora si che dovrà essere schiacciato il “delete”. Alla fine dei giochi gli stessi amministratori di fortuna, nell’esercizio del potere di cui si sono rivestiti per “responsabilità morale” o “per volere divino”, dovrebbero “autodeletarsi”.

Per fortuna la vita quella vera è fuori dai gruppi. 

ALESSIA SIMEONE