venerdì 7 febbraio 2014

DECRETO "TERRA DEI FUOCHI" ? MEGLIO UNA RIVOLUZIONE...DELLE COSCIENZE...

Dove eravamo rimasti...
Il decreto “Terra dei fuochi”, convertito in legge nei giorni scorsi, porta con sé tutti i dubbi e le perplessità sulla reale efficacia della sua portata applicativa. Accolta con favore da chi ritiene che lo screening medico, l’innalzamento del numero delle prescrizioni aia, il “metodo di recupero” delle cifre astronomiche necessarie per il risanamento, basti a dare una netta svolta alle vicende tarantine. Fumo negli occhi per chi è convinto che, allo stato, non sia possibile alcun risanamento, che la contaminazione dell’aria, della terra, del mare, abbia raggiunto livelli tali che l’unica via di salvezza, per porre fine al galoppante degrado ambientale e per arginare i sempre più elevati casi di neoplasie, sia la chiusura definitiva dello stabilimento siderurgico, che sia necessario, oltre che doveroso, trovare valide alternative di lavoro ai dipendenti Ilva, come a chiunque sia stato danneggiato irreparabilmente dalla “malagestio” dei proprietari dell’azienda in combutta con i politici di turno.
Penso ai mitilicoltori e agli allevatori che hanno dovuto chiudere bottega, reinventandosi una nuova identità, perché non hanno trovato il sostegno del governo, che pure avrebbe dovuto preoccuparsene, almeno tra un provvedimento e l’altro, volto a garantire unicamente prerogative e le tasche dei parlamentari, e tra i continui scandali, ormai all’ordine del giorno, sull’uso del denaro pubblico, del nostro denaro, guadagnato con fatica e sacrifici, per fini diversi, e direi quasi “goderecci” in ogni senso, dall’utilizzo effettivo e reale che se ne sarebbe dovuto fare … che se ne dovrebbe fare.
È giunta poi, all’inizio di quest’anno, la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Lecce, che ha riconosciuto ufficialmente la diossina quale “causa oncogena”, che a molti è risuonata come la scoperta dell’acqua calda e che aspetta la compagnia di altre pronunce perché si continui, goccia a goccia, a scavare la roccia per rendere così giustizia ad un territorio vessato oltremisura.
Dal 18 gennaio il provvedimento non è più solo, ha trovato la compagnia di un'altra pronuncia di rilievo che ha condannato Emilio Riva, e l’ex direttore dello stabilimento, Luigi Capogrosso, a risarcire, per circa €. 13.000,00 oltre interessi, il proprietario di un immobile, di Via Mannarini nel rione Tamburi, del danno subito per il deprezzamento (valutato intorno al 20%) del valore commerciale attribuito all’abitazione a causa dell’inquinamento.
La pronuncia è giunta dopo un iter non certo breve, che ha preso le mosse da una sentenza di condanna dei vertici Ilva per l’emissione in atmosfera di sostanze inquinanti e pericolose della Suprema Corte di Cassazione del 2006, e da una delibera del consiglio comunale di presa d’atto della riduzione del valore commerciale degli immobili sito nel Quartiere Paolo VI, città vecchia e nel rione Tamburi, ove, ricordiamo, vige il divieto di calpestio delle zone non pavimentate.
È un provvedimento apripista certo per le 139 famiglie che hanno intrapreso analoga richiesta di risarcimento ma che ancora è una piccola goccia in un mondo cha va rivoluzionato completamente.
Una rivoluzione che sia anzitutto una rivoluzione delle coscienze, a partire dalle cabine elettorali, ove in una manciata di secondi si decide il destino di un territorio senza più, si spera, farsi deviare dalle false promesse di posti di lavoro, da ricariche telefoniche o cartamoneta sonante. I tempi di Don Camillo e Peppone sono terminati, c’è bisogno di gente, dotata di onestà intellettuale anzitutto, che abbia voglia di impegnarsi e fare il meglio, che non sia attaccata alla poltrona e che, quando non trovi più il gradimento dei propri elettori, abbia il coraggio e la dignità di ritirarsi in buon ordine. 
Di Alessia SIMEONE